La lezione del coronavirus

Thomas Kast, Direttore della Cassa per medici-dentisti SA
Telefono 043 477 66 66, kast@cmdsa.ch

Tra i non trascurabili effetti collaterali del coronavirus rientra anche il fatto che la sua improvvisa comparsa e la sua rapida diffusione nel nostro mondo dorato ha scatenato una vera ondata di osservazioni filosofiche.

Non passa giorno senza che esperti e profani si sentano in obbligo di esprimere sui media pensieri profondi su questa sventura, che ci ha investito in modo così rapido e inatteso. Come agisce il virus sul tessuto sociale della nostra società? L’ondata di solidarietà che ci ha animato all’inizio della crisi è qualcosa di reale – stiamo davvero diventando persone migliori? Quali prove personali ci costringe ad affrontare il coronavirus? In che modo gestiamo paure e incertezze ormai dimenticate, cancellate da decenni di spensierata abbondanza?

Tetre prospettive per l’economia

Tutte queste sono naturalmente domande stimolanti che ci spingono a riflettere. E ora, grazie al lockdown, non ci manca certo il tempo per farlo. Su un piano un po’ meno filosofico e molto più prosaicamente realistico, è inevitabile interrogarsi su una questione di scottante attualità: quale impatto avranno sull’economia la pandemia e le misure adottate per combatterla? Non è necessario essere pessimisti dichiarati per prestare fede alle previsioni più cupe degli economisti, dei profeti dell’economia e degli esperti di problemi congiunturali: il prodotto interno lordo è in caduta libera, la disoccupazione aumenta e su di noi incombe la più grave recessione economica dalla grande depressione degli anni Trenta. È plausibile aspettarsi che nel 2020 il numero dei fallimenti aziendali raggiungerà picchi raramente registrati in passato. A capitolare sono soprattutto le PMI, che a fronte di un drammatico peggioramento della situazione degli ordini si trovano ben presto in difficoltà. La colpa è da attribuirsi esclusivamente al virus?

Urgono iniezioni di liquidità

Quando, a metà marzo 2020, il Consiglio federale ha proclamato la «situazione straordinaria» e disposto il lockdown, sono bastati pochi giorni perché dal mondo dell’economia arrivasse un’urgente richiesta di fondi. Fondi dello stato, vale la pena di sottolineare, che in tempi di benessere si tende facilmente a criticare. Dopo essere state costrette a chiudere i battenti, molte aziende si sono rese conto che senza entrate non sono in grado di coprire puntualmente le spese correnti – quali salari, prestazioni sociali, affitto, assicurazioni, interessi, onorari di consulenti e via dicendo – per uno, due o, nel peggiore dei casi, anche per diversi mesi. Semplicemente non dispongono delle risorse liquide necessarie a onorare i loro obblighi finanziari.

Senza liquidità è tutto inutile

L’attuale crisi ha reso drammaticamente evidente quanto sia importante la liquidità per la sopravvivenza di un’azienda. La mancanza di risorse liquide è infatti la causa più frequente di insolvenza. In base ai dati pubblicati sul portale PMI della Confederazione, nove fallimenti su dieci sono da ricondursi a problemi di liquidità.

Un’azienda può cautelarsi dalla crisi solo se nei periodi di congiuntura positiva applica una gestione rigorosa della liquidità ed esegue accantonamenti adeguati, in modo tale da disporre di risorse sufficienti anche in periodi meno rosei. Quando le nostre nonne ci ricordavano che nei periodi di abbondanza è bene mettere da parte qualcosa per i tempi più duri, trattenevamo a stento un sorriso di sufficienza. Il coronavirus ha dimostrato invece quanto avessero ragione. Ora vedremo se abbiamo imparato la lezione.